di Nosfera
Molti di noi, nei periodi più o meno felici della
nostra infanzia (quando si scopriva l’erotismo della doccia e il porno
di Postalmarket), si rimaneva affascinati nell’immaginarsi quella piccola
casetta più disordinata della nostra camera, sperduta in mezzo al
bosco, ove abitavano sette piccoli nanetti. Quando poi, cresciuti, abbiamo
perso la magia di codeste favole, nuove immagini e nuovi interrogativi
hanno iniziato a tormentarci (al di là dello shock che Babbo Natale
non esiste e le favole non sono vere), del tipo: maccheccazzo ci facevano
sette nani in mezzo a un bosco? Perché non gli venivano i reumatismi?
Chi cazzo glielo faceva fare ad andare a lavorare tutti i giorni in miniera
se era di loro proprietà? Ma soprattutto, come facevano a sopravvivere
senza donne e perché non sono saltati addosso a Biancaneve (che
era già bella e pronta nel letto, pronta a farsi violentare da sette
nani che, come dice il proverbio “Nano, ma con un coso così”).
In realtà ci sono molti errori. Non sono
i sette nani. Sono gli ultimi esemplari di una antica razza chiamata, appunto,
Settenani.
Il Settenano (al singolare) era un animale che viveva nella
foresta nera, e già ai tempi dei fratelli Grimmi era in via d’estinzione.
Lo contraddistingue l’unicità: ogni settenano è un genere
a parte, che gli studiosi hanno denominato con le mansioni esistenziali
che egli svolge o con le sue caratteristiche peculiari. Così, ad
esempio, il nano che scoreggia e starnutisce sempre è Eolo (fa i
venti), quello che dorme sempre è Pisolo e via dicendo. Ma com’è
che si sono estinti?
Innanzitutto, la mancanza del genere femminile: l’unica
specie di Settenano femmina era schifata da tutti, si chiamava Puzzola
(e potete comprendere il perché). Alla sua morte, le cose per il
settenano peggiorarono.
Tutti vivevano felici in una piccola comunità nella
Foresta Nera, ma si sa, a lungo andare la convivenza forzata porta aggressività
e violenza. Pjalo e Dammelo, i due settenani froci, si divertivano un mondo
ad incularsi tra le fratte, quand’ecco che giorni prima arriva un altro
settenano, Prendilo, il quale, eccitato dai giochi erotici che Dammelo
faceva all’immensa ceppa del partner con la barba, chiese il permesso di
partecipare. Pjalo, eccitatissimo, acconsentì. Nel frattempo, tre
settenani che, da sempre, facevano il servizio di leva nell’esercito e
nella polizia, Cingolo, Binocolo e Manipolo, erano tornati in licenza coi
loro fucili, più esaltati che mai. In lontananza, cantava le sue
canzoni malinconiche il settenano terrone emigrato, Murolo, accanto al
suo amico e compatriota mafioso Cutolo, che era però segretamente
invidioso del fatto che non era l’unico partenopeo. Lontani da tutti, stavano
Mocciolo, cugino di Eolo, perennemente con il raffreddore e un nano sempre
torvo e alquanto pericoloso, che si diceva portasse la morte ovunque andasse:
Embolo. Di tanto in tanto, appariva e scompariva il settenano mago, che
aveva la particolare capacità di levarsi dai coglioni ogni volta
che era necessario la tua presenza: Eccolo! (il punto esclamativo fa parte
del nome). Nella sua casetta invece, dormiva - sotto sedativo perenne -
il settenano cannibale, Mangialo, mentre, appresso ad un sempliciotto un
po’ idiota, Broccolo, il settenano spastico Mongolo veniva preso in giro
da tutti che gli dicevano: Ma che sei Mongolo? E lui rispondeva sbavando:
S-s-scìiii, mentre pensava: ma perché ‘sti mongoloidi me
fanno sempre la stessa domanda?. Altri due stavano in disparte, perché
schifati da tutti in quanto orribili a vedersi, uno era Bruttoanatroccolo,
l’altro un altro frocione che si chiamava Succhialo, ma che era talmente
brutto che non lo volevano neanche Pialo, Dammelo e Prendilo (e quindi
si sfogava spompinando Bruttoanatroccolo che, diciamolo, non è che
fosse poi tanto dispiaciuto, perché, come avrete capito, il Succhialo
denominava la sua abilità primaria).
Ad certo punto, il capo della scuola, Dottolo (troncato
poi in Dotto perché Dottolo, effettivamente, non significa un cazzo),
insieme ai suoi 6 allievi più secchioni e fedeli, Pisolo, Mammolo,
Brontolo, Eolo, Cucciolo e Gongolo (quelli che noi conosciamo bene) chiamò
tutti a raccolta:
- Fratelli, sapete bene che la mancanza di donne...
- Non ci fa scopare - disse il commilitone Manipolo (anche
noto segaiolo, per estensione del suo nome)
- Dicevo che la mancanza di donne mette in pericolo la
nostra convivenza e la nostra sopravvivenza.
- A-a-ah... non... non è veroooooh... - dissero
in un corale orgasmo Pjalo, Dammelo e Prendilo.
- Piantatela di incularvi a trenino mentre parlo!
- Ok, capo! - e fecero la ciambella.
- Insomma, dobbiamo partire alla ricerca di Ovulo - continuò
Dottolo -
- Ma non sci disce ghe era una lesgenda? - chiese Succhialo
con la bocca piena.
- No, così si era sempre creduto. Ma, forse, Ovulo,
il settenano padre, generatore di spermi e gameti, Atanòr del Settenano,
principio creatore della materia, pietra filosofale delle nostre barbe...
- Ebbasta, cazzo! - Cingolo esplose una granata.
- Ok, insomma, con lui continueremo la specie.
- Che schifo! - dissero tutti in coro, tranne i tre froci
che esultarono impazienti: Quando si parte, ciccino?
- Poi forse, lui è il custode della sorella di
Puzzola.
- Yeah! - urlarono gli altri - Una donna!
- La cara sorella Caccola. - e la folla si disperse.
Partirono l’indomani all’alba, destinazione sconosciuta.
Tutti in fila per due, cantando Alé oò, Alé oò,
andiamo a scopicchiar, firulì firulì firulà.
Il viaggio era impervio, le vie innevate per l’inverno
imminente, il vento freddo e ululante per la suspense. Di tanto in tanto,
un tuono, o un lampo, anche a ciel sereno, perché fa sempre tensione
e pericolo e rende tutto più avventuroso. E poi fa tendenza.
Dopo giorni e giorni di viaggio, le provviste cominciarono
a scarseggiare e iniziarono i primi litigi.
- Dottolo, non capisci un cazzo! - disse Embolo infuriato.
- Porta rispetto per la mia barba bianca, sa?
- Anche la mia è bianca!
- Anche la mia!
- E la mia!
- La mia pure - disse Cucciolo che parlava per la prima
volta.
- Tu non hai barba, stronzo! - disse con disprezzo Bruttoanatroccolo
e fu così che Cucciolo non parlò più.
Mentre loro litigavano, Cutolo decise di attuare un piano
che da tempo tramava: uccidere Murolo ed essere l’unico settenano napoletano
del gruppo e quindi avere il monopolio sul racket delle canzoni. Mentre
cantava O sole mio, lo spinse giù per un burrone, sfracellandolo
sul verso sta ‘nfronte a te (come quella pietra che gli trapassala il cranio).
Però fu visto da Cingolo, che diede subito l’allarme e partì
la rappresaglia.
- Ué, paisà, salud a sord’ - che significava
non mi prenderete mai vivo; infatti prese una mitraglietta e iniziò
a sparare. Cingolo, Manipolo e Binocolo guidavano l’azione. Binocolo cadde
a terra morto, ma il kalashnikov di Cingolo triturò Cutolo. Un colpo
volante svegliò per il dolore Mangialo, che iniziò, affamato,
a divorare Bruttoanatroccolo.
- Machiccazzo ha messo Broccolo a guardia di Mangialo?
- sbraitava Brontolo
Nella confusione e nell’eccitazione, Pjalo Dammelo e Prendilo
iniziarono a fare un’orgia e, visto che ora il pisello di Bruttoanatroccolo
era in bocca (anzi, già per metà nello stomaco) di Mangialo,
Succhialo si unì a loro.
Mocciolo, nello scappare spaventato, ebbe un attacco di
raffreddore e stramazzò a terra soffocato dal suo muco che gli usciva
ormai da tutti i pori. Cingolo e Manipolo ora attaccavano Mangialo con
missili Scud, uno dei quali esplose in mano a Manipolo (ironia della sorte),
annientandolo. Cingolo, dopo aver sistemato Mangialo, sconvolto da quanto
era accaduto ai compagni si suicidò al grido: Fottutissima guerra!
‘Fanculo, Vietnam!
Prendilo, intanto, di era accorto dell’intrusione di Succhialo
e vomitava schifato.
- Tanto lo sapevo, voi non mi avete mai amato, per questo
vi ho odiato e sono finalmente riuscito a vendicarmi: vi ho attaccato l’AIDS!
- Tutti e quattro iniziarono a perdere denti e capelli, a coprirsi di pustole,
si beccarono un raffreddore e quindi morirono per complicazioni cardio-polmonari.
Embolo, incazzato come una biscia per la disattenzione
di Broccolo, andò a prenderlo di petto. Morì così
di Embolo.
Mongolo scappava, correva e correva, ma quando si rese
conto che non stava correndo su una strada, ma era già nel mezzo
di un crepaccio, precipitò miseramente.
Ad un tratto, nel bel mezzo del macello che ormai stava
arrivando alla sua conclusione, saltò fuori un esserino a forma
d’uovo, tanto peloso e con una barba lunga lunga:
- Aò, macheccazzo è tutto ‘sto casino? -
disse incazzato come una biscia, proprio mentre Embolo scivolava battendo
irrimediabilmente la testa e cadendo sopra all’esserino, che urlò:
- Oddio, un Embolo!
Fu allora, mentre moriva, che Dottolo, Pisolo, Mammolo,
Brontolo, Eolo, Cucciolo e Gongolo (quelli che noi conosciamo bene), uscirono
fuori mezzi bruciacchiati dai loro nascondigli e riconobbero nel morente
il loro Santo padre Ovulo: la barba non era barba, ma grandi ed elegantissimi
flagelli di spermatozoi arzilli, ora agonizzanti.
- Padre Ovulo, mi sente, Padre Ovulo? Caccola, esiste,
dov’è?-
- Gli alieni... l’hanno rapita gli alieni... - e spirò.
- Siamo fottuti! - esplose Brontolo.
- Ma come è potuto accadere tutto questo? - disse
piangendo Mammolo, in mezzo ai cadaveri dei fratelli.
In quel momento sentirono Murolo che cantava: Mamma son
tanto felice...
- Ma vaffanculo! - dissero in coro, sparandogli col kalash.
- Ok, siamo gli unici sopravvissuti. Torniamo a casa e
giuriamo di non allontanarcene mai più, se non per andare a lavorare.
- Giuriamo!
- Ma, Dottolo...
- E non mi chiamare Dottolo che non significa una cazzo!
- Dotto, perché lavorare?
- Perché non puoi farti le pippe tutto il giorno,
no?
Nòsfera
P.S.: Ma che fine ha fatto l’altro settenano? Ah, Eccolo!